Il Mattino è intervenuto direttamente sullo stato di degrado di Palazzo Zapata, non più sopportabile sia dal punto di vista sociale che culturale. Vengono sottolineati con concretezza l’obbligo, la necessità e l’urgenza di un intervento di recupero a favoredell’opera di Carlo Vanvitelli, presente nel salotto di Napoli. |
Un gioiello nel cuore della cosiddetta “Napoli reale”, ovvero l’insula nel centro storico dove si trovano l’ex reggia (Palazzo Reale) e una serie di edifici costruiti dagli aristocratici che volevano risiedere accanto alla corona. Un gioiello che rischia l’oblio: palazzo Zapata, nella centralissima piazza Trieste e Trento, è in stato di abbandono. Lo è soprattutto nelle sue zone comuni: il cortile di ingresso è ridotto a un parcheggio indiscriminato, la pavimentazione storica versa nel degrado, muri fatiscenti, le prestigiose colonne del primo e secondo piano mozzate o minacciate dal tempo, mentre diversi punti dell’edificio, dopo le scosse di terremoto del 1980, non sono mai state messe in sicurezza e sono ufficialmente in stato di criticità.
L’ultimo intervento risale addirittura all’inizio dell’800, per la struttura che ha oltre 4 secoli; fu il cardinale Antonio Zapata y Cisneros, nominato vicerè di Napoli nel 1620, a decidere la costruzione del palazzo. A quel tempo non era così come lo vediamo oggi: gli interventi di ristrutturazione di Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi, ne trasformarono l’aspetto, da castello a torri a quello attuale, in stile neoclassico.
Da oltre 130 anni ospita, al secondo piano, la Fondazione “Circolo Artistico Politecnico” Ets, che nel 2019 ha creato MUSAP (Museo Artistico Politecnico) quale veicolo di comunicazione, anche social e strumento di attrazione alla partecipazione attiva di Enti, Aziende e privati. Il centro venne ideato nel 1888 per formare un consorzio tra artisti e intellettuali, fu presieduto per primo dal nobile Giuseppe Caravita di Sirignano e frequentato, tra gli altri, da Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, prima donna a essere presente nei verbali di un circolo partenopeo. Da oltre 40 anni ha come presidente Adriano Gaito che dice: “LA nostra Fondazione, insieme al Museo, raccoglie opere d’arte, documenti storici, fotografie, e strumenti di grande valore. E viene visitato da molti turisti: peccato che versi in stato di abbandono da tempo”. Un peccato e una brutta cartolina per quello che potrebbe essere un punto di forza del centro storico: “Molti visitatori stranieri hanno scattato fotografie che testimoniano il degrado. È una cattiva immagine della città nel suo punto più turistico, un paradosso che va risolto”.
Come intervenire? L’enorme appartamento che accoglie la Fondazione, oltre 1400 metri quadri, è di proprietà della Regione ed è stato dato in comodato d’uso transattivo alla Fondazione. “Il resto del palazzo è di proprietà di privati, la ristrutturazione è molto onerosa, ancora non l’abbiamo quantificata ma si tratta di cifre grosse e non si può pensare di chiedere ai proprietari degli appartamenti di sostenere i lavori” spiega Gaito. Che lancia un appello: “C’è una legge che risale al 1939 (lg 1089) sulla tutela dei palazzi storici: chiediamo allo Stato di intervenire, dopo gli opportuni sopralluoghi della Soprintendenza, per salvare questo bene. Magari ricorrendo alla risorse del Pnrr”.
Intanto qualche buona notizia è arrivata negli ultimi gli alunni del vicino Istituto Superiore “Palizzi”, coordinati dal Comitato Scientifico della Fondazione, stanno per iniziare una ricerca sugli edifici storici dell’area di Pizzofalcone per capire come intervenire su alcune strutture, tra cui palazzo Zapata. Conclude Gaito: “Bello che i giovani si occupino del patrimonio pubblico, mostrando la strada: restiamo fiduciosi che lo Stato si impegni a fare il resto”.
Giovanni Chianelli.